Ines Gerosa - 13.03.1944

Operaia alla V Sezione della Breda
13.03.1944 data dell’arresto, 19 anni


Nata in una famiglia socialista, lavora alla V Sezione della Breda, una delle più attive nella resistenza clandestina, dove si fanno collette per i partigiani, si nascondono armi da portare in montagna, e dove si sciopera più che in altre fabbriche, “Cur là, a tira giò i curtei dela curent” - corri là, a tirare giù i coltelli della corrente, eppure gli scioperi li racconta così: «Abbiamo scioperato nel novembre e poi nel dicembre del 1943. Noi eravamo contente perché andavamo al cinema, ci mettevamo d’accordo noi giovani e andavamo al cinema invece che andare a casa. Non ci interessava lo sciopero, volevamo divertirci. Avevamo diciotto anni».
Viene arrestata in una notte ventosa, come ricordano in tanti, da fascisti che girano con un pullman ed un’autolettiga che serve a camuffare i loro intenti.
Viene portata insieme ad altre operaie prima a Monza, poi a San Vittore, poi a Bergamo.
Da Bergamo riesce a far arrivare sue notizie a casa grazie ad una famiglia che vive di fronte al carcere: le detenute lanciano bigliettini dalla finestra e loro li raccolgono.
Il 5 aprile viene caricata su vagoni piombati che partono dalla stazione ed arriva a Mauthausen. In seguito è trasferita al carcere centrale di Vienna, ad Auschwitz-Birkenau, a Chemnitz e Leitmeritz (sottocampi di Flossenbürg).
Di Auschwitz racconta la mancanza di pietà anche nell’ultimo momento:
«È arrivata una volta una donna con due gemelli, che bellezza che erano, e quella volta lì ero
destinata a mettere sul carretto i morti da portare al crematorio. Lì ho visto per la prima volta una tedesca che ha diviso i gemelli dalla mamma. Li ha strappati alla mamma. Disgraziata - ho
pensato - sai che poi brucerà anche lei, ma falli gasare e bruciare insieme. Dividevano il marito
dalla moglie, ma lì si capiva che la donna moriva anche lei e allora perché dividerli che poi
morivano lo stesso. Li sbiottavano tutti e li cacciavano dentro nelle camere a gas. Disgraziati!».
Dei sottocampi di Flossenbürg, invece, racconta il coraggio delle deportate russe:
«Lì facevamo le bombe a orologio. Eravamo così disposte: io e una civile, una
prigioniera e una civile. Tutto così, eravamo controllatissime. C’erano tante deportate russe. Mi
ricordo che una mi diceva: “Italianska, non mettere quel filo lì”. Insomma mi proponeva un
sabotaggio. Come facevo, si rischiava troppo. Avevo paura. Le russe lo facevano, avevano un
coraggio!».
Ines Gerosa è stata deportata con altre quattro donne, tutte operaie della Breda e tutte sopravvissute: Angelica Belloni di Balsamo, 18 anni; Maria Corneo di Sesto S. Giovanni, 24 anni; Rosa Crovi di Balsamo, 16 anni; Maria Fugazza di Cinisello, 19 anni.
Subito dopo la guerra il reinserimento nella vita quotidiana per le donne deportate è difficile, dopo tante sofferenze erano vittime anche dei sospetti e dei pettegolezzi: «Credevano che fossimo andate volontarie per andare con i tedeschi, noi donne siamo state giudicate così quando siamo tornate, è stato uno schiaffo morale più di quello che abbiamo subito là».