Giorgio Mortara - 11.10.1938

Professore universitario italiano di origine ebraica
11.10.1938 data lettera, 53 anni


Mortara consegue molto precocemente ottimi risultati negli studi tanto da laurearsi in giurisprudenza a Napoli già nel 1905 all’età di vent’anni.
È docente di statistica all’Università Statale di Milano e poi direttore dell'Istituto di statistica dell’Università Bocconi.
Seppure nel 1933 ha sottoscritto la tessera del Partito Nazionale Fascista, deve lasciare la Bocconi e la direzione del Giornale degli economisti, di cui è comproprietario. Allo scopo di sottrarre alle mire del regime fascista il più importante giornale italiano di materie economiche e statistiche, acconsente che il Giornale degli economisti sia ceduto a titolo gratuito all'Università Bocconi.
Dopo l’emanazione delle leggi razziali, Mortara comprende di trovarsi in una posizione critica e cerca di espatriare. Organizzare un espatrio è costoso in termini economici e burocratici; per accelerare le pratiche, decide di scrivere a Mussolini. Nella lettera chiarisce subito la propria posizione di fascista (tipica formula di rito nelle lettere rivolte al duce) e chiede l’accelerazione delle numerose pratiche necessarie per l’espatrio.
Si dichiara inoltre addolorato e colpito dalle leggi razziali; tuttavia afferma che continua a sostenere la politica del proprio paese e le sue profonde ragioni, anche in campo economico, e che mai e poi mai è sua intenzione fare propaganda anti italiana o antifascista all’estero (anche queste espressioni sono d’obbligo, almeno nella forma).
Chiede a Sebastiani di portare la sua petizione al duce, in modo che l’espatrio gli possa essere favorito nei tempi più rapidi possibili, al fine di trovare una nuova cattedra negli Stati Uniti.
Pare esserci un rapporto datato: nell’incipit della lettera Mortara accenna al fatto di essersi già rivolto a Sebastiani altre volte.
A questa prima lettera segue un carteggio che si protrae fino al 17 dicembre in cui pone diverse istanze: prima di rendere più rapido il rilascio dei passaporti per tutta la famiglia; poi il nulla osta per il figlio Alberto, che è nel frattempo entrato nell’età di leva; infine l’estensione della validità dei passaporti per l’espatrio in Brasile, oltre che negli Stati Uniti.
Dal paese sudamericano ha infatti ricevuto e accettato un’offerta di lavoro come tecnico consulente presso la Presidenza della Commissione nazionale del censimento a Rio de Janeiro; nella lettera specifica chiaramente che tale incarico gli consentirà di fare una vita più che decorosa.
Per chi cercava di emigrare era fondamentale convincere il regime che si sarebbe approdati ad una “vita non miserabile” come il regime richiedeva nel caso in cui si lasciasse il paese per motivi lavorativi; richiesta insensata dal momento che l’emigrazione è parsa a molti ebrei italiani la più dolorosa quanto migliore soluzione, pena la possibilità di vivere effettivamente una vita di stenti, essendo negata la possibilità di un’occupazione qualunque.
Nell’ultima lettera del 17 dicembre 1938, allega la lettera del diplomatico e Ministro brasiliano Barboza Carneiro.
I passaporti vengono concessi e infine, salpando da Trieste, Mortara riesce a fuggire con la famiglia in Brasile, dove fonda una scuola di demografia. Nel 1956 torna a insegnare a Roma.