Vittoria Gargantini - 12.03.1944

Operaia alla II Sezione della Breda
12.03.1944 data dell’arresto, 22 anni


Vittoria Gargantini viene arrestata di notte come molti altri. Nel buio del pullman che li porta a San Fedele trova una donna con un bambino ed un uomo malato. Vittoria consegna alla donna un bigliettino. La donna, subito rilasciata, riesce a farlo arrivare alla madre.
A San Fedele Vittoria è l’unica donna e viene alloggiata in una stanzetta. La madre la raggiunge il giorno dopo; madre e figlia si corrono incontro ma vengono fermate dalle guardie: per un colloquio hanno bisogno di un permesso dall’Hotel Regina (il quartier generale delle SS). In seguito viene portata a San Vittore e poi a Bergamo dove è reclusa con altre trentacinque donne tra cui Maria Corneo, anche lei operaia Breda, che appare spesso nel racconto di Vittoria con la sua carica ironica ed irriverente.
A Bergamo sono detenute in una caserma gestita dai tedeschi, “Komm, Komm” - vieni, vieni - è il comando che è spesso ripetuto ai detenuti, a cui la Corneo risponde “Com Com, ma chì sem a Bergum” - Como Como, ma qui siamo a Bergamo.
I cittadini di Bergamo si dimostrano solidali con gli arrestati, raccolgono i bigliettini lasciati cadere dalle finestre degli stanzoni per poi farli avere ai destinatari in altre città; è così che il giorno in cui vengono portati in stazione e caricati sui vagoni, ad accompagnarli ci sono due ali di folla, non solo bergamaschi, ma anche i parenti venuti da lontano per poter salutare i detenuti in partenza per “destinazione ignota”.
Appena arrivate a Mauthausen un maggiore SS chiede “Italianer Scheiße, warum...Lager?” - Italiane di merda perché vi hanno mandato in Lager? - probabilmente quelle detenute non erano destinate ad un KL di III grado. Dopo una breve permanenza devono affrontare un nuovo viaggio in treno. I vagoni passano per stazioni con scritte in tedesco “Kein Wasser den Gefangenen” - Non dare acqua ai prigionieri - poi le lingue cambiano, si passa dal tedesco al polacco ed arrivano ad Auschwitz, poi a piedi di notte fino a Birkenau.
Vittoria racconta di lei e delle altre ragazze italiane, tutte unite in questa tragedia, che cercano di farsi forza, le prigioniere russe sono molto altruiste, le tedesche e le polacche no, quando le ragazze italiane pregano in latino, le kapò intuendo il significato le tormentano, inutile pregare, “Alles kaputt” - morirete tutte.
I mesi passati ad Auschwitz sono molto duri. Fame, freddo, botte, lavoro. Imparano ad evitare l’infermeria da cui ogni giorno vedono portare via i morti, imparano a mentire per pietà alle nuove arrivate che chiedono informazioni sulla parte di campo destinata ai bambini ed agli anziani da cui sono appena state separate.
Un giorno un soldato tedesco comanda, “Singen” loro si rifiutano e lui insiste furioso “Singen Gigli mama trice” voleva sentire Mamma son tanto felice di Beniamino Gigli, loro lo accontentano cantando:
«In una triste situazione / siamo noi pure arrestate / siamo noi pure in prigione / senza sapere il perché / Mamma son tanto infelice / voglio tornare da te...Mamma».
Maria Corneo che ha 24 anni è la più coraggiosa. Accade un giorno che mentre cantano un soldato le chiama e dice di stare attente, che anche altri avrebbero potuto capire quelle parole.
Mei si a capisen, almen savran cume la pensum. Se te set un italian te set un vendü” - Meglio se le capiscono, almeno sapranno come la pensiamo. Se sei un italiano, sei un venduto.
La guardia allora chiede come mai sono lì in lager, e la Corneo risponde “Ti cumincia a di’ perché te ghe sü che la divisa lì, nonostante te se italian, dopo te disum perché la nostra divisa lè mei de la tua” - Tu comincia a dire perché hai su quella divisa lì, nonostante sei italiano, dopo ti diciamo perché la nostra divisa è meglio della tua.
Dopo Auschwitz viene trasferita a Ravensbrück, qui lavora in una fabbrica di aerei a ribattere chiodi, turni di 12 ore, pranzo e cena direttamente in linea di montaggio tra le lamiere delle ali in costruzione. Le condizioni sono dure, le ausiliarie delle SS spietate. Ad inizio turno una prigioniera tedesca manca all’appello di mezzanotte, si era nascosta per tentare la fuga, le altre prigioniere sono costrette a stare ferme nel piazzale dell’appello,contate e ricontate. La trovano con i cani, la portano nel piazzale ed iniziano a picchiarla, quando sviene le buttano dell’acqua fredda addosso per svegliarla e continuare a picchiarla mentre tutte le altre sono obbligate ad assistere in silenzio, possono andare via solo quando la fuggitiva sarà morta, ci vorranno altre sei ore.
Vengono liberate tra il 25 e il 26 aprile 1945, ma impiegheranno più di due mesi per attraversare mezza Europa distrutta e tornare a casa.
Vittoria arriva in stazione Centrale il 1° luglio, da dove prende il tram 31 verso casa, «Infilo la strada che mi porta in via Ponale e tutto a un tratto vedo che mi viene incontro una fiumana di gente. Si vede che qualcuno mi ha vista sul tram ed è corso ad avvisare la gente di via Ponale. Mia mamma era sulla canna della bicicletta di uno e quando l'ho vista mi è successa una cosa: non sono più riuscita a parlare. Per otto-dieci giorni non sono più riuscita a parlare, mi usciva solo un fiato di voce, sarà stata l'emozione, non so. A mia mamma avevano detto che ero morta a Linz, voce di popolo; io ho cantato fino alla stazione Centrale poi dopo la vista di mia mamma non ho parlato. Quando ci siamo abbracciati piangevamo tutti [...] sono venuti a trovarmi quelli della Breda, la mia casa per diversi giorni era piena di gente e io non parlavo. Mi dicevano, me lo diceva soprattutto mia mamma: “Dimmi cosa vuoi”, e io: “I lenti cun el salamin” - le lenticchie con il salamino».